Serie A

Chi ha paura del turn over? Inzaghi ancora una volta perfetto

Dopo i mugugni dei tifosi del Milan, che non hanno perdonato al proprio tecnico Pioli il più che robusto turn over messo in atto nella disastrosa partita di Monza, è toccato a Simone Inzaghi mettere mano alla sua formazione titolare, presentandosi a Lecce con un gran numero di giocatori che spesso iniziano dalla panchina

Il risultato non è stato molto diverso dalla "solita" Inter che fino a questo punto della stagione ha messo a fuoco e fiamme il campionato con un percorso netto nel solo 2024, alla luce delle 10 vittorie consecutive a partire dai primi giorni di gennaio.

Cosa ci dice la partita di Lecce

Cominciamo a sgombrare il campo da dietrologismi sostanziali: il turn over massiccio, al quale Inzaghi aveva fatto ricordo solo ed esclusivamente nella spettacolare partita di Lisbona, la quinta del Gruppo D della Champions League, terminata con un pirotecnico pareggio per 3-3, a Lecce è stato messo in opera anche per via di alcuni infortuni che hanno caratterizzato i giorni immediatamente precedenti alla trasferta di Lecce.

Primo tra tutti in un ruolo che nessuno si sogna di mettere in discussione nel mondo nerazzurro, quello del portiere. La forte influenza che ha colpito Sommer, ha messo nelle condizioni Simone Inzaghi di chiamare in causa il secondo portiere, sarebbe sbagliato chiamarlo come si faceva un tempo "di riserva", Emil Audero.

Se vogliamo, questo è il paradigma dell'enunciato che mette in guardia chi pensa che anche Inzaghi ha voluto stravolgere la squadra, ma non è il solo episodio che ha posto la necessità di un cambiamento di rotta.

Allo start della partita di Via Del Mare, a parte le ormai ataviche assenze di Cuadrado e Sensi, si sono aggiunte quelle, peraltro anch'esse conosciute, di Calhanoglu, Acerbi e Thuram.

I sostituti

A quel punto lo staff tecnico nerazzurro ha dovuto fare delle scelte sui sostituti e il cambio dell'undici iniziale della squadra, ha riguardato anche delle scelte tecniche, che hanno probabilmente fatto capo ad alcuni equilibri da rispettare in campo.

Ed ecco che hanno cominciato dalla panchina anche alcuni punti fermi della squadra come Darmian, Pavard e Barella, per uno schieramento che per 7 elementi è stato rivoluzionato.

A parte Audero, dunque, la difesa a 3 ha visto due protagonisti come Carlos Augusto e Bisseck che difficilmente partono dall'inizio e il centrale De Vrij, che, a differenza degli altri due compagni di gioco, ha visto il campo con molta più continuità.

Gli esterni di centrocampo, Dimarco da una parte, che nelle gerarchie parte senza dubbio davanti a chiunque altro e Dumfries dall'altra, hanno giocato in linea con Mkhitaryan, Asllani e Frattesi. Anche quì solo la mezz'ala armena è considerata titolare, ma la classe dell'ex Sassuolo e la freschezza atletica di Asllani, hanno permesso alla mediana interista di non soffrire in entrambe le fasi, di costruzione e di rottura.

Davanti, il partner di Lautaro Martinez doveva essere Arnautovic, colto però anche lui da una leggera forma influenzale, per cui la scelta è ricaduta su Sanchez.

Possesso palla e cinismo

Il risultato, quello del campo, ha premiato un'Inter ancora una volta spumeggiante, anche se durante la prima parte dell'incontro qualche difficoltà a organizzare le distanze tra i reparti, si sono notate.

In un paio di occasioni la ripartenza del Lecce ha rischiato di trasformarsi in occasioni pericolose per i salentini, ma la sagacia tattica di De Vrij e la stazza di un Bisseck statuario, hanno tolto le castagne dal fuoco alla retroguardia interista.

Vi è da sottolineare inoltre che, dopo il primo gol al quarto d'ora di Martinez, l'Inter ha tenuto bene nella propria metà campo, senza però dare l'impressione di azzannare il match come di solito fa coi titolari.

La svolta definitiva della partita è arrivata al decimo della ripresa, quando Frattesi ha messo definitivamente la partita in discesa a favore dei suoi, con un Sanchez delizioso in fase di rifinitura.

Da quel momento si sono viste le geometrie di Inzaghi, anche per via degli spazi che sono diventati voragini e il possesso palla è diventato alla fine il solito assolo dell'Inter, che ha tenuto la palla tra i piedi il 60% del tempo.

Lavoro di inzaghi e rosa lunga

L'ingresso in campo di Barella ha definitivamente messo in frigo la partita, con l'allenatore piacentino che ha avuto modo di vedere all'opera anche Buchanan e Akinsanmiro.

L'ennesima dimostrazione di forza dell'undici nerazzurro, nonostante tutti questi avvicendamenti, certificano senza dubbio la profondità della rosa, ma nessuno può mettere in discussione lo straordinario lavoro di Inzaghi, che ha inculcato una mentalità e una forma mentis, ancora prima dei discorsi tattici, che ha interessato tutti i componenti della sua squadra.

La sensazione è quella che chiunque venga chiamato a mettere piede in campo, sappia con precisione cosa debba fare, quali sono i compiti da eseguire nella propria zolla di campo e, soprattutto, quali siano gli spostamenti alla luce di ciò che succede in ogni situazione di gioco.

Questo non può essere imputabile alla sola capacità del singolo, ma che anzi la esalta, così come è vero il contrario, ovverosia che è la capacità del singolo che viene utilizzata al servizio delle dinamiche di concerto.

Questo servirà soprattutto ora che la stagione entra nel vivo e, soprattutto, nell'immediato, quando ci sarà da incontrare Atalanta, Genoa e Bologna prima, e Atletico Madrid poi.

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