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Le finali di Champions League a Monaco di Baviera: storie, aneddoti ed emozioni

L'Allianz Arena di Monaco di Baviera in occasione della Finale di Champions League del 2012

Le Finali di Champions League a Monaco di Baviera: Storia, Aneddoti e Emozioni

Monaco di Baviera, cuore pulsante del calcio tedesco, ha ospitato nel corso degli anni quattro finali di Champions League, ognuna con un retaggio unico di drammi, trionfi e storie indelebili. Dalle imprese di squadre underdog alle delusioni di club blasonati, gli stadi bavaresi - prima l'Olympiastadion e poi l'Allianz Arena - hanno fatto da palcoscenico a momenti che hanno scolpito la storia del calcio europeo. Tra queste partite, due hanno visto protagoniste squadre italiane, entrambe sconfitte in circostanze che ancora oggi alimentano discussioni e ricordi amari.

Con l'avvicinarsi di Paris Saint-Germain-Inter, un'altra pagina di storia del calcio europeo sta per essere scritta in Baviera.

Dalla favola del Nottingham Forest al riscatto del Chelsea, passando per le amarezze di Milan e Juventus, ogni edizione ha lasciato un'impronta unica. L'Olympiastadion e l'Allianz Arena, con le loro architetture simboliche (il primo con la copertura in plexiglass che imita le Alpi, il secondo con la facciata illuminata a LED), sono diventati templi di memorie contrastanti, dove la gloria di un club coincide spesso con l'angoscia dell'altro.

1979: Nottingham Forest-Malmö FF - La favola di Clough e il primo milione di sterline

La prima finale disputata a Monaco risale al 30 maggio 1979, quando il Nottingham Forest di Brian Clough sconfisse per 1-0 il Malmö FF all'Olympiastadion. Una vittoria storica per i Reds, alla loro prima partecipazione alla competizione, resa possibile dal gol di Trevor Francis, all'epoca il calciatore più costoso del mondo dopo il trasferimento da Birmingham City per un milione di sterline. L'aneddoto più curioso legato a questa partita riguarda proprio Francis: a causa delle regole UEFA, l'attaccante non poté giocare in Europa fino a tre mesi dopo l'acquisto, rendendo la finale il suo esordio assoluto nelle coppe continentali. Clough, genio eccentricamente pragmatico, schierò Francis come ala destra, sfruttando la sua velocità per spezzare il muro difensivo svedese.

Il Malmö, privato di tre titolari per infortunio, adottò una tattica ultra-difensiva, ma non bastò a contenere l'estro di una squadra che, in soli tre anni, era passata dalla seconda divisione inglese alla vetta d'Europa. Come ricordato dai protagonisti dell'epoca, tra cui John Robertson e Tony Woodcock, l'impresa fu resa possibile da un mix di talento individuale e spirito collettivo, cementato dalla leadership carismatica di Clough. La vittoria del Forest segnò l'inizio di un'era d'oro, culminata con la difesa del titolo l'anno successivo.

1993: Olympique Marsiglia-AC Milan - L'ombra del doping e la difesa inviolabile

Il 26 maggio 1993, l'Olympiastadion fu teatro di una delle finali più controverse della storia, con il Marsiglia che batté l'AC Milan per 1-0. I rossoneri, reduce da una campagna europea dominante (un solo gol subito prima della finale), si presentavano come favoriti, ma dovettero arrendersi al gol di Basile Boli su corner. La partita, però, è ricordata non solo per il risultato, ma per le ombre che la avvolgono. Nei mesi successivi, emersero accuse di doping contro il Marsiglia, coinvolto in uno scandalo che portò alla retrocessione del club in Ligue 2. Sebbene nessuna prova diretta legasse l'episodio alla finale, molti tifosi milanisti rimasero convinti che la vittoria francese fosse macchiata da irregolarità.

Il Milan di Fabio Capello schierava un trio d'attacco formato da Marco van Basten, Jean-Pierre Papin e Daniele Massaro, ma l'assenza di Franco Baresi per squalifica compromise l'equilibrio difensivo. Nonostante ciò, la squadra italiana controllò ampiamente il gioco, fallendo però la concretizzazione. L'unico gol arrivò al 44°, quando Boli superò Sebastiano Rossi con un colpo di testa fulmineo. Il Marsiglia, reduce dalla sconfitta in finale due anni prima contro la Stella Rossa, chiuse così un ciclo di redenzione, mentre per l'Italia iniziò una piccola maledizione bavarese.

1997: Borussia Dortmund-Juventus - La doppietta di Riedle e l'addio di Del Piero

Quattro anni dopo, il 28 maggio 1997, l'Olympiastadion ospitò un'altra finale all'insegna della disfatta italiana. Il Borussia Dortmund, guidato da Ottmar Hitzfeld, sconfisse per 3-1 la Juventus di Marcello Lippi, reduce dal trionfo in Champions dell'anno precedente. I tedeschi partirono in quarta: al 29° e al 34°, Karl-Heinz Riedle firmò una doppietta, sfruttando due errori della difesa bianconera. Alessandro Del Piero accorciò le distanze al 65°, ma il giovane Lars Ricken, entrato a partita in corso, segnò il gol della sicurezza al 71° con un lob da 30 metri che beffò Angelo Peruzzi.

Per la Juve, fu una sconfitta bruciante. Lippi aveva schierato un trio d'attacco composto da Del Piero, Alen Bokšić e Christian Vieri, ma la squadra apparve spenta, forse logorata dalla lunga stagione. La finale segnò anche l'addio di Gianluca Vialli, trasferitosi al Chelsea pochi mesi dopo. Il Dortmund, invece, scrisse una pagina storica: fu la prima vittoria di un club tedesco nella Champions League dall'unificazione della Germania, e l'unico titolo europeo della squadra giallonera fino ad oggi.

2012: Bayern Monaco-Chelsea - La maledizione di casa e l'eroe Drogba

Il 19 maggio 2012, l'Allianz Arena ospitò la prima finale di Champions della sua storia, con il Bayern Monaco che affrontò il Chelsea nel proprio stadio. I bavaresi dominarono la partita ma fallirono una serie di occasioni nette, tra cui un rigore di Arjen Robben parato da Petr Čech nei tempi supplementari. Il gol di Thomas Müller all'83° sembrò aver chiuso la pratica, ma Didier Drogba - in quella che sarebbe stata la sua ultima partita con i Blues - pareggiò al 88° con un colpo di testa su corner. Ai rigori, il Chelsea si impose 4-3, con Drogba a siglare il tiro decisivo.

La sconfitta fu un trauma per il Bayern, che perse la seconda finale in tre anni (dopo quella contro l'Inter nel 2010), proprio nella cornice del proprio stadio di casa. Per il Chelsea, invece, fu il coronamento di un'era, con il club londinese che sollevò la Coppa dalle Grandi Orecchie per la prima volta, grazie anche all'astuzia tattica dell'allenatore ad interim Roberto Di Matteo. La partita è ricordata anche per il coraggio dimostrato dai giocatori inglesi, reduce da una stagione turbolenta iniziata con Andre Villas Boas in panchina (esonerato un paio di mesi prima della finale) e da un percorso in Champions costellato di rimonte epiche, tra cui quella contro il Barcellona in semifinale.

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